Ex allieva Collegio S. Giuseppe – Maturità corsi superiori 1995.

Giovanna Chiara, l'ingegnere ecologista: «Con il vento illumino il Regno Unito»

Torinese, 43 anni, gestisce mega appalti da miliardi di dollari per le Wind Farms di GE. E pensare che l’Italia dell’oil&gas, vent’anni fa, le aveva offerto solo stage non retribuiti.

di Christian Benna

Se il vento delle rinnovabili soffia forte nei mari del Nord è merito anche di un ingegnere torinese. Perché dietro alla costruzione del parco eolico più grande (e più potente) del mondo, più di 200 mega turbine che spunteranno a 120 km a Est delle coste britanniche per coprire il 5% del fabbisogno energetico del Regno Unito, c’è la storia di Giovanna Chiara, l’ingegnere «ecologista» che nei primi anni duemila ha detto no al lavoro comodo sotto casa nella cosmesi, e ha anche rispedito al mittente una proposta (tutta italiana) di tirocinio non retribuito nell’oil & gas.

Torinese, 43 anni, MBA alla Bocconi di Milano, ma laureata al Politecnico di Torino, allieva — tra gli altri — di Guido Saracco (oggi rettore dell’ateneo e da docente ricercatore tra i primi a occuparsi di chimica green in Italia), l’ingegnere Chiara ha capito subito di dover fare le valigie per inseguire il sogno di lavorare nelle energie rinnovabili. «L’energia è un bene primario e fattore chiave in geopolitica. Perché la dipendenza da fonti fossili è ancora origine di conflitti e crisi internazionali — spiega la manager oggi alla guida degli appalti per wind farms offshore di General Electric Renewable Energy — Ho sempre avuto chiaro di voler operare in un settore che avesse un peso chiave sulla società, a forte impatto sociale. L’energia pulita è uno di questi. Purtroppo quando mi sono laureata, in Italia non ho trovato altre offerte nel campo dell’energia che stage gratuiti. Una brutta pratica che sopravvive e spinge moltissimi talenti all’estero». Nei primi anni Duemila l’Italia le può offrire poco. Solo una (molto) probabile lunga trafila per affermarsi.

Tocca fare come Ulisse, raccogliere i venti di Eolo in una valigia, e imbarcarsi per un lungo viaggio. Prima in Spagna, a Madrid, dove Chiara è manager di Iberdrola, colosso energetico a livello globale, e si specializza nel solare termodinamico, tecnologia promossa da Carlo Rubbia, ma sfruttata più all’estero che nel nostro Paese. «Nell’energia del sole e del vento l’Italia ha un grande potenziale— spiega Chiara — Ma le politiche energetiche non hanno aiutato. Ed è un errore strategico. Siamo nel mezzo della transizione energetica: le auto saranno alimentate dall’elettricità, le reti di distribuzione diventeranno intelligenti e più efficienti. Le rinnovabili diventano core business, non più un’alternativa ma un’occasione di sviluppo».

Dopo 9 anni in Iberdrola in cui gestisce a livello internazionale la costruzione di grandi impianti chiavi in mano, l’ambientalista «pragmatica», come si definisce, «non ho un auto, non uso plastica in casa, ma lavoro per una multinazionale, e dico sì al nucleare perché in grado di fornire energia elettrica su larga scala e in modo continuo senza produrre emissioni di anidride carbonica», sbarca alla corte di General Electric Renewables a Zurigo. Qui si specializza nelle tecnologie del vento, in quelle offshore, che fanno sbocciare turbine in alto mare. Diventa bid manager di GE per i mega progetti di wind farms, e adesso è lei a fare le proposte per la fornitura dell’Haliade-X, la più grande turbina offshore esistente sul mercato mondiale, gestendo offerte che posso arrivare a toccare i 4 miliardi di euro.

Difficile trovare in Italia donne manager con simili responsabilità. «Ma il gender gap non è una questione solo italiana — spiega Chiara —. Il mondo della tecnologia sta cambiando ma resta ancora molto maschile, dappertutto, anche in campi che possono apparire più friendly come le rinnovabili». La corsa all’eolico di GE sta coinvolgendo l’ingegner torinese nei più grandi progetti di wind farm del mondo. Non solo in Nord Europa, ma anche negli Usa e in Asia. In Italia, poco o niente. La Penisola è il quinto Paese in Europa per produzione eolica (quasi tutta onshore), dietro a Francia, Germania, Spagna e Uk. Nel complesso sono installati circa 5600 impianti eolici per una potenza di 10 Gw. Ma la capacità espressa dell’energia eolica per numero di abitanti colloca il Bel Paese agli ultimi posti del continente.

«Nel nostro Paese l’eolico offshore non è ancora sviluppato — precisa Giovanna Chiara — c’e’ potenziale se si parla di “floating”, l’offshore galleggiante, ma è una tecnologia che si deve ancora consolidare a livello commerciale e su larga scala.

 

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