La mostra è corredata dal Quaderno d’arte n. 4 della 3^ serie ed. Collegio San Giuseppe  a cura di A. Centra e D. Taverna

 

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            La quarta mostra della terza serie di esposizioni d’arte organizzate dal Collegio S. Giuseppe,   serie inaugurata dalla manifestazione dedicata  ai Guasco e proseguita con quella dedicata ad Alda Besso-Gio’, e poi ad “Alberi altissimi ed acque”, rispecchia come quella immediatamente precedente, la formula delle prime mostre, con un “tema” proposto agli artisti viventi o attorno al quale organizzare  opere di maestri scomparsi, messe a disposizione da eredi e collezionisti, e al quale sono ispirati i versi accostati ad ogni opera.

Tema  di questa mostra è quello assai impegnativo della luce, simbolo primordiale legato ai poemi e ai miti della creazione, il cui atto primo è appunto la separazione fra luce e tenebra. 

E’ simbolo frequente nella letteratura di ogni tempo, e in particolare del Novecento, che ne ha recuperato i significati più antichi:  In principio Dio creò il cielo e la terra.  La terra era informe e deserta e le tenebre coprivano l’abisso … Dio disse Sia la luce!.... (Gen.1, 2.3). Dunque già nell’antico testo che – lo si voglia o no – sta alla base della cultura di tanta parte del Mondo, la luce è l’elemento che dà forma all’informe, dunque dà senso alle cose. E’ evidente l’accostamento fra luce e conoscenza come presa di coscienza delle cose, una sorta di nuova creazione secondo una concezione filosofica che  nel pensiero medioevale e in particolare in Bonaventura fa della luce principio fisico da cui  tutto riceve corporeità.

            Bastano questi riferimenti pur fatti a braccio per rendersi conto non solo dell’importanza dell’argomento, ma dell’appropriato, intimo accostamento fra luce e arte, pittura in particolare: Leonardo come Paolo VI e San Giovanni Paolo II evidenziano un parallelismo fra Dio creatore e artista, e il Concilio Vaticano II ribadisce che l’Arte è in certo modo una sacra imitazione di Dio Creatore (Sac. Conc., 127).

            Che la luce sia elemento fondamentale dell’arte figurativa, del disegno e della pittura come della scultura è fatto evidente: nei mosaici ravennati all’oro è affidata la resa della luce pura.

            La mostra curata da Donatella Taverna e fr. Alfredo Centra presenta i dipinti ispirati ad antichi simboli come il mandala,  di Elen von Allmen, Isidoro Cottino, Susanna Fisanotti, Elsa Lagorio; opere che si rifanno a simboli islamici della luce (Arancio) e a simboli mitologici, come la Fenice (Arancio, Monica Dessì) riferimento alla Resurrezione come nuovo passaggio dalla tenebra alla luce, tema di fondo dell’opera di Pino Mantovani, di Ottavio Mazzonis, di Mario Gomboli e Vito Oliva nei cui dipinti tuttavia è la disperazione di chi non riesce a intravvedere la luce. Nei tre Rigorini – Luigi sr., Antonio, Luigi Jr., come nell’opera di Rita Scotellaro, la luce dà corpo alla visione di paesaggi e di figure simboliche. La luce può essere intesa anche come passaggio da esseri inferiori ad esseri superiori, come nei crani di Eugenio Gabanino che si rifà alla ricerca ottocentesca tedesca sull’evoluzione dell’Uomo: dunque anche in questo artista, pur nella prospettiva scientifica, la luce è progressiva presa di coscienza. Il riferimento alla luce come evoluzione sino all’Uomo è nell’opera di Anna Maria Palumbo.  E’ evidente come il tema proposto possa essere interpretato anche come disperazione della possibilità di giungere alla luce (Valeria Carbone). Anche lo specchio può essere simbolo della luce, elemento che consente ad un corpo di riflettersi: negli acciai di Massimo Ghiotti vi sono parti lucidate a specchio che riflettono frammenti della realtà, evidente metafora della parzialità della conoscenza e dell’imperfezione della coscienza delle cose. Si tratta dunque di opere di alta tensione e intensità, come intense sono le atmosfere sospese dei dipinti di J.L Mattana e Laura Maestri, dipinti che esprimono piuttosto la disperazione di attingere alla luce; la luce può essere anche quella fioca dei lampioni che illuminano la banchina di una ferrovia con un passeggero appena sceso da un treno, che si avvia verso non si sa quale meta (Parsani Motti), come fioca è la luce della cometa nel grande cielo azzurro, che guida le tre figurine dei Magi come sperduti in un immenso orizzonte che pare inghiottirli.  Contenuti analoghi di speranza o di amara disperazione sono nei versi di grandi autori del Novecento che Donatella Taverna ha accostato alle opere esposte.

DOCUMENTAZIONE

RECENSIONI

 

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